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Panoramica:

Un favoloso percorso alla scoperta della zona dove nasce il Fiume Sile. Un tracciato pianeggiante, per due terzi sterrato e per un terzo di asfalto, con partenza dal centro di Casacorba, toccando poi punti naturali come il Gran Bosco dei Fontanassi, un luogo incantevole tutto da scoprire, dove si possono ammirare le sorgenti e percorrere i primi km del fiume Sile. Si possono raggiungere però anche punti storici come la Casera e la Villa Cornér della Regina, percorrendo così i primi km del Gira Sile, la greenway che porta fino alla foce del fiume di risorgiva più lungo al mondo.

Chilometraggio:

11,60 Km

Dislivello complessivo:

Pianeggiante

Descrizione tecnica

Si parte da Piazza delle Foibe a Casacorba, di fronte alla chiesa, e si procede verso sinistra per 800 m. lungo la strada del centro abitato, dopodiché al capitello si gira a sinistra per Via Santa Brigida. Successivamente, dopo 1,7 Km, si gira sulla stradina sterrata seguendo le indicazioni per il Gran Bosco dei Fontanassi, e dopo 180 m. si svolta ancora a sinistra. Da qui si percorre per 400 m. la zona dei Campi Chiusi, fino ad arrivare al Gran Bosco dei Fontanassi. Qui c’è la possibilità di vedere le risorgive del fiume Sile, la Grande Quercia, la Torbiera ed il Bosco.

Dopodiché si percorrono a ritroso i 400 m. della zona dei campi chiusi sopra citati, si svolta verso sinistra e si percorre per 1 Km la stradina che costeggia il fiume Zero. Per chi volesse vedere la Casera, all’incrocio svoltare verso destra per poi ritornare qui, altrimenti proseguire dritto seguendo il percorso principale. Si prosegue così per 700 m., si attraversa il primo ponte del Sile, subito dopo si svolta a destra e, dopo altri 700 m., si raggiunge l’asfalto di Via Munaron, si svolta a destra. Successivamente si procede verso sinistra e si ritorna sullo sterrato, imboccando la stradina successiva al secondo ponte che attraversa il fiume. Si percorre perciò la carrareccia per 1 Km, poi si svolta a sinistra attraversando un terzo ponte sul Sile, e si prosegue sempre dritto per 2,4 km. In questo tratto, dopo 350 m., si possono notare dei cipressi di palude monumentali. Dopo aver passato il ponte del canale Gronda, la strada diventa asfaltata fino ad arrivare al Capitello di S. Andrea a Cavasagra, in prossimità della S.P. 5.

Si svolta così a sinistra, percorrendo la ciclopedonale. Sul lato opposto della strada si può anche ammirare Villa Corner della Regina. Si imbocca poi subito Via Sile sulla sinistra, la si percorre per 1 Km tenendo sempre la strada principale e si arriva infine alla chiesa di Casacorba, visibile sulla destra. Il parcheggio di Piazza Martiri delle Foibe, luogo dove abbiamo parcheggiato il mezzo, sarà perciò sul lato opposto.

Punti di partenza

Piazza delle Foibe a Casacorba

Fontanelle d’acqua potabile

Consiglio una riserva idrica perché l’unica fontanella è nel luogo di partenza e di arrivo, in Piazza delle Foibe a Casacorba

Mappa

Traccia gps:

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Punti d’interesse:

La Porta dell’acqua

La Porta dell’acqua costituisce la partenza del GiraSile. Sono presenti bacheche che documentano tutta la Greenway. E’ un’ottima zona parcheggio per le vostre escursioni verso il Gran Bosco dei Fontanassi ed un parcheggio alternativo al nostro itinerario.

Gran Bosco dei Fontanassi

Il Sile è sicuramente il principale simbolo della Marca; il suo corso ne attraversa il capoluogo, condizionandone I’urbanistica e caratterizzandone il panorama, e sulle sue rive è nata e si è sviluppata la “cultura contadina” dell’intera provincia. Ecco perché può essere un piacevole itinerario andare a visitare quelle che sono ritenute le sue fonti: “i Fontanassi di Casacorba”. Essi rientrano nell’area protetta del Parco del Sile e rappresentano sicuramente una mèta interessante per adulti e ragazzi. Cosa sono i “Fontanassi”? Si racconta che acque pluviali provenienti dalle montagne e rami sotterranei del Fiume Piave scorrano nel sottosuolo particolarmente permeabile di questa regione, fino a Casacorba. In questa località, caratterizzata da una superficie di torba, tali acque risorgono dal sottosuolo spontaneamente, dando così vita al percorso fluviale del Sile. Le risorgive più grandi e più antiche, quelle “dea coa longa” e “del prete”, sono in una zona del parco raggiungibile solo se attrezzati con calzature che consentono di camminare, nella vasta boscaglia che li circonda su un suolo composto prevalentemente da “torba”. A vederle sembrano larghe pozze d’acqua. Osservandole meglio in tali pozze s’intravedono, sia sul fondo sia sulle rive laterali, delle bollicine d’acqua che salgono verso la superficie e, in uno spazio ridottissimo danno luogo al corso del Sile. Per i più, che preferiscono una passeggiata domenicale senza particolari difficoltà, segnaliamo il percorso denominato “La Porta dell’Acqua” a Casacorba di Vedelago – Via Santa Brigida, che consente di seguire un affascinante tratto dei rami nascenti del Sile; e dove sono ben visibili alcune polle risorgive.

Fonte: parcosile.it

Fontanasso de a Coa Longa

LA LEGGENDA DEL “FONTANASSO DEA COA LONGA” 📍Torreselle di Piombino Dese (PD)

Un luogo meraviglioso, rigoglioso ed adatto a lunghe passeggiate rilassanti e rinfrancanti nel bel mezzo della natura in uno dei luoghi più suggestivi: le sorgenti del fiume Sile.

Letteralmente significa “fontanazzo della coda lunga” laddove l’acqua nasce dalla terra zampillando, formando quella “coda lunga” che è il fiume Sile: sgorgando senza sosta dalle polle, le sorgenti sono nascoste tra le piante e i rovi e si riesce ad udire il gorgoglio tra le erbe della palude. Il luogo, un tempo assolutamente selvaggio e paludoso, mantiene il suo antico mistero nonché storie e leggende tipiche delle risorgive: venerate dagli antichi, la loro storia si mescola di leggende pagane e cristiane. Si racconta che interi villaggi siano stati inghiottiti dalle polle, e addirittura che eserciti numerosissimi abbiano trovato la loro fine tra queste acque, placide ma nello stesso tempo traditrici, se non le si conosce. La leggenda vuole che in una gelida notte d’inverno della seconda metà del 1600, quando un mendicante bussò alla porta della maestosa Villa Cornaro chiedendo ristoro e riparo dal freddo pungente, una nobildonna della potente famiglia (verosimilmente Maria Vittoria), infastidita dall’interruzione della sua abbondante e appetitosa cena, scoppiò in una fragorosa risata, rispondendogli che se voleva poteva passare la notte sulle braci del camino e finire gli avanzi della sua cena. Il mendicante allora lanciò sulla donna una maledizione, dicendole che avrebbe pagato cara la sua crudeltà. Il giorno successivo la nobile uscì in carrozza e all’ altezza del “fontanasso” incontrò un sacerdote e due chierichetti che andavano a dare la comunione a un moribondo che viveva in un casolare circondato dalle paludi. L’anziano sacerdote avanzava a fatica con la lanterna in una mano, mentre con l’altra teneva stretto un calice contenente l’ostia consacrata. «Fate largo al signore del cielo», disse l’uomo al conducente, visto che la carrozza ostruiva il passaggio. Subito il cocchiere frenò, ma la nobile obiettò: «Se lui è il padrone del cielo, io sono la padrona di queste terre!». Per ribadire il concetto, si sporse dalla carrozza e colpì il prete con violenza, facendolo cadere nel fango insieme all’ostia benedetta; a quel punto la terra iniziò a vibrare e con un boato si aprì una voragine nel terreno che inghiottì Maria Vittoria e la sua carrozza, risparmiando cocchiere e cavalli. Di lì a poco riemerse dalla terra melmosa del “fontanasso” una cagnetta spelacchiata, quasi fosse di ritorno dall’inferno, con la catenina della malvagia titolata “Cornaro” al collo: si trattava dello spirito della malvagia aristocratica.

Fonte: Anima Veneta

La Grande Quercia

La secolare Farnia delle Risorgive (Quercusrobur) è l’epicentro del Gran Bosco. Sopravvissuta a decine di incendi, la Grande Quercia è l’albero patriarca più significativo del Parco.

La Torbiera

La torba è un materiale di origine vegetale, in larga misura organico, che si forma in bacini idrici di varia natura ed estensione, oppure in ambienti molto umidi, per effetto di una incompleta trasformazione di residui vegetali morti, in condizioni di saturazione idrica e conseguente anaerobiosi. Gli ambienti naturali dove normalmente si accumula la torba prendono il nome di “torbiere”. Le torbiere si formano prevalentemente nelle regioni fredde e umide della Terra (Europa settentrionale, Siberia, Alaska, Canada, ecc.) e in particolari “nicchie” della fascia equatoriale. In Italia le torbiere sono relativamente rare (circa 100.000 ettari di territorio) e si trovano soprattutto nelle valli alpine chiuse, dove l’acqua meteorica non ha la possibilità di defluire in tempi rapidi, e in prossimità di bacini naturali, delta fluviali e pianure costiere depresse. La flora e vegetazione delle torbiere è molto caratteristica e differenziata in funzione dell’ambiente pedoclimatico in cui esse si sono formate. Una classificazione delle torbiere divide questi particolari ecosistemi in due categorie principali: torbiere “basse” e torbiere “alte”. Le torbiere alte si formano nelle regioni più fredde e piovose dell’Europa, dell’America del nord e in alcune zone alpine. Queste sono caratterizzate da un’alta percentuale di sfagni (muschi) cui si accompagnano, in prevalenza, alghe, briofite, pteridofite (licopodi, equiseti e felci) e conifere di taglia bassa (pino mugo). Le torbiere basse si formano, in genere, in zone temperato-fredde a media o bassa piovosità (oppure in quelle tropicali) nelle paludi di pianura, nelle valli fluviali o in vicinanza di laghi e acquitrini. La vegetazione caratteristica delle torbiere basse è dominata dalle monocotiledoni igrofile (soprattutto carici, giunchi e canne) con la presenza, più o meno sporadica, di altre piante igro-acidofile appartenenti al gruppo delle felci (Osmunda regalis, Thelypteris palustris, ecc.) e a quello delle angiosperme (Hydrocotyle vulgaris); le conifere non sono in genere presenti. La torba che si forma nelle torbiere basse è più fine della torba di sfagno, maggiormente mineralizzata, leggermente acida (talvolta anche subalcalina) e ricca di sali di calcio, potassio e sodio (torba “bruna”).Dalla Grande Quercia si punta a nord e, attraversata una scolina che segna l’ingresso si attraversa un terreno torboso, abbastanza asciutto, colonizzato principalmente dalla Canna palustre (Phragmites australis) e dal Falasco (Cladium mariscus). Questa cenosi rappresenta una tappa intermedia nell’evoluzione della palude. Infatti i terreni dove la falda freatica è superficiale, o in cui si verificano periodiche esondazioni, le paludi appunto, sono soggetti ad una naturale e lenta evoluzione. L’accumulo al suolo della vegetazione, che annualmente si rinnova, origina dei terreni torbosi sempre più compatti, come quello che si sta attraversando, sui quali attecchiscono col tempo vari arbusti, quali Frangole e Salici. Da ultimo, vi affondano i loro apparati radicali specie ad alto fusto, che vanno a configurare un nuovo biotopo: il bosco planiziale.

Fonte: parcosile.it

I Campi Chiusi

Un ambiente caratteristico presso le sorgenti del Sile è quello dei cosiddetti campi chiusi o prese, un paesaggio agrario antico e ormai raro, un vero e proprio elemento di archeologia del paesaggio rurale, ovvero di situazioni letteralmente assimilabili a paesaggi agrari di tipo medioevale, attualmente estinti nella devastata campagna del Veneto industrializzato.
È formato da prati stabili, ossia prati che subiscono un certo numero di falciature all’anno, delimitati da siepi e alberate spontanee che crescono lungo le sponde di fossi e scoline perimetrali, che in primavera e in estate sono un sicuro rifugio per numerose specie di animali.
Nei tempi passati, durante l’inverno si allagavano i prati sbarrando gli scoli e si praticava la cosiddetta irrigazione termica. Infatti, l’acqua – più calda dell’aria – proteggeva il manto erboso dalle basse temperature. All’occorrenza l’allagamento si eseguiva anche in estate, in modo da mantenere umido il suolo nei mesi più caldi. La costante presenza dell’acqua, unita all’effetto ombreggiante delle piante ad alto fusto, manteneva un microclima che permetteva di effettuare anche cinque tagli di foraggio all’anno.
La sistemazione a campi chiusi, oggi di pregevole valore paesaggistico e storico, un tempo interessava un’area di notevole estensione. Attualmente, a causa della conversione dei prati in coltivi, i campi chiusi si osservano solo in superfici di pochi ettari. Il livello di alterazione del tessuto paesaggistico, infatti, ha portato a una progressiva frammentazione degli spazi peculiari del paesaggio agrario.


Nonostante queste modifiche, nella zona la destrutturazione dell’ecosistema della campagna non è stata completa. Oltre ai campi chiusi, si sono mantenute superfici coltivate, di dimensioni contenute e bordate anch’esse da siepi ed alberate, e nei vigneti sono ancora diffusi i tutori vivi, come salici o gelsi, connotando senza dubbio un paesaggio agrario appartenente al passato, legato ad una tradizione colturale in corso di estinzione. La sua valenza ecologica, tuttavia, è di notevole interesse, in particolare per la fauna; infatti, la campagna alberata possiede una grande ricettività faunistica, offrendo importanti opportunità d’habitat e fonti alimentari agli animali selvatici.

Fonte: rivistanatura.com

La Casera

Edificata verso la metà del XV° secolo, “La Casera” era usata come malga, come testimoniano alcuni documenti successivi, che la zona era un punto di riferimento per lo spostamento dei bovini da Piombino Dese ai monti.

Case, casoni, casere….

il paesaggio del mondo rurale è segnato da forti architetture funzionali.

La Casera frail fiume Zero ed il fiume Sile, in territorio di Toreselle, testimonia uno degli esempi maggiormente rappresentativi delle caratteristiche di costruzione locale.

La datazione, documentata attraverso l’incisione di una pietra non più presente, la fa risalire al 1411.

Le sue dimensioni, 40 m. di lunghezza e 18 di larghezza, con 9 arcate a sud e 9 arcate a nord e portici di 4 m. di ampiezza, ne definiscono le qualità spaziali e al contempo la capacità di contenimento non solo fisico ma anche sociale di un mondo legato alla terra e alle sue stagioni lavorative.

In uno spazio di 10 x 40 m., veniva ricoverato il bestiame.

Cipressi delle paludi Alberi monumentali

Il cipresso delle paludi o cipresso calvo o anche tassodio (Taxodiumdistichum (L.) Rich., 1810) è un albero delle Cupressacee, nativo degli Stati Uniti sudorientali.
E’ una conifera d’acqua, tipica di luoghi paludosi ed umidi, frequentemente allagati. Possiede caratteristici tubercoli radicali affioranti dal suolo, chiamati pneumatofori, che svolgono funzione di ossigenazione, atti a garantire cioè l’apporto di ossigeno alle parti sommerse anche in periodi di allagamento del terreno. Viene utilizzato come ornamentale presso stagni, o lungo i corsi d’acqua.

Fonte: parks.it

Villa Cornér della Regina

DAL 1500 AL 1700

Tutto ebbe inizio dai Cornér, una nobile famiglia veneziana che nel XVI secolo, vista la recente scoperta del Nuovo Mondo e il conseguente spostamento dei traffici commerciali sull’Atlantico, abbandona il commercio a favore di una vita di tranquillità in cui godere dei frutti raccolti fino a quel momento. Gli studi hanno evidenziato la presenza di documenti che riconducono alla Villa già nel 1576, quando il vescovo di Treviso Giorgio Cornér, durante le visite pastorali, trascorreva circa un mese in una “casa di campagna” a Cavasagra.

In un inventario redatto nel 1638, Villa Cornér della Regina era descritta come una “casa tripartita alla veneziana”, costituita da un piano terra e un piano nobile con salone centrale affiancato da quattro stanze. Della struttura cinquecentesca, attualmente, rimane in parte visibile solo la facciata retrostante della villa, mentre la planimetria è rimasta immutata negli anni.

DAL 1700 AL 1900

Nella prima decade del XVIII secolo Gerolamo III commissionò allo scultore Orazio Marinali l’abbellimento del giardino della Villa, attraverso un notevole complesso statuario che doveva riflettere l’idea di glorificazione della famiglia.

Nello stesso secolo, il vescovo di Castelfranco Veneto Giovanni Cornér affidò agli architetti Giovanni Miazzi, Francesco Muttoni e Francesco Maria Preti la trasformazione di Villa Cornér della Regina ad un Palazzo di Campagna: l’impronta palladiana data dall’imponente pronao della Villa, si deve proprio all’intervento di rinnovamento voluto dal Vescovo. Le barchesse e le limoniere che donarono alla Villa l’aspetto che ancor’oggi la caratterizza risalgono proprio a questo periodo.

Intorno al 1810 la Villa passò in eredità alla famiglia Persico, i quali diedero il loro contributo all’abbellimento della struttura attraverso delle pitture a fresco ad opera di Angelo Sala. In questa occasione si è compiuta una rivisitazione in chiave ottocentesca di tutto il salone e delle vetrate a piombo.

DAL 1900 AL 2000

Negli ultimi due secoli, Villa Cornér della Regina ha visto susseguirsi numerosi proprietari: dai Persico, ai Frova, ai Donà delle Rose. Durante la Prima Guerra Mondiale divenne sede del comando del generale Enrico Caviglia, comandante dell’ottava e decima armata: gli alberi dei viali a sud e a nord della Villa furono abbattuti su ordine del generale Caviglia per erigere fortificazioni e trincee nei fronti del Piave e del Monte Grappa.

Nel 1968 Sir Stafford Sands, ex Governatore delle Bahamas, acquistò Villa Cornér della Regina, la restaurò e fece costruire la piscina con idromassaggio e i campi da tennis. Verso la fine del 1900, la Villa fu trasformata in Country Hotel dai conti Donà delle Rose.

Fonte: villacorner.com

Autore:

Mirco Salvador

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